I bielorussi hanno iniziato a votare con i piedi

Una completa integrazione comunque esiste già ormai dal punto di vista militare e dell’intelligence e nell’incontro al vertice ha rilevato Lukashenko alla stampa del suo paese si parlerà “soprattutto di difesa dei nostri confini contro l’aggressione occidentale che cresce contro di noi”. Una percezione di accerchiamento che ha anche Mosca: ieri il portavoce ufficiale del Cremlino, Dmitry Peskov, è giunto “a considerare una buona idea la possibilità di punire i cittadini russi che si appellano a nuove sanzioni contro la Russia fino anche all’ipotesi di togliergli la cittadinanza”. In realtà ai confini della Bielorussia esiste un movimento sì filo-occcidentale sì, ma di suoi cittadini che abbandonano il proprio paese per cercare rifugio negli Stati confinanti.

Sono già oltre 12 mila dal 1° agosto 2020 al 15 febbraio 2021 i cittadini bielorussi che hanno richiesto (e quasi 10 mila l’hanno già ottenuto) un visto permanente per studio e lavoro nella vicina Lituania. Un processo che prosegue inesorabile e coinvolge spesso la forza-lavoro più giovane, dinamica e qualificata.

Lo stesso ministero degli interni bielorusso aveva dovuto riconoscere il 21 ottobre scorso che dell’inizio dell’autunno hanno abbandonato il paese decine di migliaia di bielorussi. Secondo i dati ufficiali oltre 10 mila sono emigrati in Polonia, 3 mila in Ucraina e qualche migliaio si sono trasferiti in Lettonia e Lituania dove i salari sono mediamente doppi di quelli bielorussi. Insomma sembra che i bielorussi non essendo riusciti a mandar via Lukashenko con le elezioni, ora abbiano iniziato a votare con i piedi. Un po’ come nell’Europa del 1989 quando dopo l’apertura delle frontiere tra Ungheria e Austria, molti cittadini della Ddr si mossero in Germania Occidentale, accelerando così il crollo del regime burocratico di Berlino Est.