La mini-Urss che ancora sopravvive

Non vi siete distratti troppo se avete pensato che la Comunità di Stati indipendenti (Csi) fondata quel famoso 8 dicembre 1991 quando nella foresta di Belavezkaya Pashka Boris Eltsin e i suoi omologhi belorussi e ucraini decisero di mettere la parola fine all’Unione sovietica.

In realtà la Csi è un po’ come la figura di Lenin “è vissuta, vive e vivrà” ma assai stentatamente, un po’ come il corpo imbalsamato del leader comunista. Venerdì i ministri degli esteri dell’Associazione si sono incontrati di persona venerdì per la prima volta dopo un anno.

Tuttavia non tutti gli undici i capi delle rispettive diplomazie hanno raggiunto la capitale russa. L’Ucraina ignora l’appuntamento ormai dal 2014 (anche se non è mai uscita formalmente dalla Csi) e il forfait era scontato. La Moldavia che vira sempre più a occidente dopo che l’ex-presidente filo-russo Igor Dodon ha perso disastrosamente (e inaspettatamente) le elezioni dello scorso autunno ha inviato a Mosca una figura di secondo rango e si sente di fatto con più di un piede fuori dall’organizzazione. La mini-Urss è quindi ormai composta solo da nove undicesimi e prima o poi il destino della Bielorussia dovrà essere essere deciso. Del peso specifico e del ruolo dell’organizzazione marginale della struttura ne sono coscienti anche i partecipanti a pieno titolo, tanto è vero che più del coordinamento della lotta a Covid-19 e di riprendere il traffico aereo non si è parlato nelle plenarie.

Coloro che devono crederci un po’ più degli altri all’Urss in sedicesimi, per evidenti ragioni, sono Russia e Bielorussia, i paesi sentono maggiormente la pressione della Ue e della Nato. Hanno così rispolverato i toni della guerra fredda ma anche qui, come ad ovest, l’effetto straniamento è evidente.

L’unica decisione che avrebbe potuto essere agevolmente presa era la richiesta dei paesi centro-asiatici di facilitare la circolazione della forza-lavoro tra i membri della Csi, una richiesta evidentemente fatta in direzione soprattutto del grande fratello russo, ma Lavrov non l’ha neppure vagliata.