Nagorno-Karabakh: verso la guerriglia armena?

DI YURII COLOMBO

Resta altissima la tensione in Nagorno-Karabakh, dopo l’accordo di pace che ha riportato sotto controllo azero buona parte della regione a maggioranza etnica armena. Ieri, nei pressi del villaggio di Agdam nella regione di Khojavend una unità l’esercito azero sarebbestato attaccato da un “gruppo armato armeno illegale”, sostiene il ministero della Difesa di Baku.

Nell’attacco sarebbe stato ucciso un militare azero e un altro ferito. Sei invece gli armeni, presunti aggressori, uccisi.

Alla denuncia è seguito subito l’annuncio di possibili rappresaglie: “Se ciò dovesse accadere di nuovo, l’esercito azero adotterà misure decisive”, afferma il comunicato degli interni azeri. Una notizia dichiarata falsa dal governatorato di Artsakh.
Il rischio, per gli azeri, è che nel Nagorno (dove è stata schierata dal 10 novembre una forza di interposizione dell’esercito russo di circa 2500 uomini) si sviluppi una guerriglia a bassa intensità condotta da gruppi paramilitari armeni che non accettano gli accordi e intendano contrastare il rientro nelle loro case degli azeri, abbandonate durante il conflitto del 1992-94.

Del resto la frustrazione di buona parte dell’opinione pubblica armena seguita alla sconfitta nella guerra lampo dello scorso ottobre è destinata a perdurare: troppo repentina e netta è stata la sconfitta militare subita e troppo subitanea la resa, per essere digerita.

Contro l’accordo di pace, denunciato dalle forze politiche di opposizione come una vera e propria “capitolazione”, del resto, stanno continuando a scendere in piazza ogni giorno a Erevan decine di migliaia di persone, chiedendo le dimissioni del premier Nikol Pashinyan. Il quale – anche grazie al sostegno di Mosca – sembra per ora poter resistere. “Solo le elezioni e non la pressione della piazza potranno condurre alla mia uscita dalla scena politica” ha dichiarato recentemente il capo del governo armeno.