Navalny dal carcere lancia “l’internazionale degli onesti”






In un articolo pubblicato stamane – giusto a un anno dal suo avvelenamento a Tomsk – Alexey Navalny riprende la parola dal carcere dove sta scontando una condanna di 2 anni e mezzo, con un lungo articolo di 12 mila battute pubblicato su alcuni dei principali giornali europei tra cui Le Monde, Il Guardian e il Frankfurter Gemelline Zeitung dove le parole più usate sono naturalmente Putin ma soprattutto corruzione.

Sì perché la corruzione internazionale sarebbe per Navalny il “male assoluto” che attanaglia l’umanità e le impedisce di essere felice. “Dopo l’implosione dell’URSS e la fine del confronto ideologico globale, è stata la corruzione – nella sua definizione classica, “lo sfruttamento di una posizione ufficiale per un guadagno personale” – a diventare la base universale e senza ideologia per il fiorire di una nuova Internazionale autoritaria, dalla Russia all’Eritrea, dal Myanmar al Venezuela. E la corruzione ha smesso da tempo di essere solo un problema interno di questi paesi. È quasi invariabilmente una delle cause principali delle sfide globali che affrontano l’Occidente” scrive il blogger in quello vuole essere una sorta di “manifesto internazionale degli onesti”.

Secondo Navalny lo stesso ritorno dei barbuti taleban sarebbe il prodotto del ladrocinio: “ È proprio il fatto che l’occidente “non ha notato” la totale corruzione in Afghanistan – che i leader occidentali hanno preferito non parlare di un argomento che trovavano imbarazzante – che è stato il fattore più cruciale nella vittoria dei talebani (con il sostegno della popolazione). L’occidente non voleva discutere del saccheggio del bilancio; era molto meglio concentrarsi sulla gente lapidata o giustiziata per decapitazione”. E la fame nel mondo? E le inondazioni? Anche quelle il frutto perverso della corruzione: “Gli estremisti religiosi di tutti i tipi trovano più facile fare propaganda quando i loro avversari guidano Rolls-Royce per le strade di paesi squattrinati. Le crisi migratorie sono causate dalla povertà, e la povertà è quasi sempre causata dalla corruzione”. Tutto ciò sarebbe però anche il frutto della miopia dell’occidente democratico visto che “è anche vero che un aspetto importante della corruzione nei paesi autoritari è l’uso che fa dell’infrastruttura finanziaria dell’occidente – e nel 90% dei casi, ciò che è stato rubato è conservato in occidente. Un funzionario che lavora per un autocrate sa meglio di chiunque altro quanto sia importante tenere il suo capitale ben lontano dai suoi colleghi e dal suo capo.

Tutto quello che serve per iniziare è che i leader occidentali mostrino determinazione e volontà politica. Il primo passo è che la corruzione sia trasformata da una fonte di opportunità illimitate in un onere gravoso per almeno alcune delle élite che circondano gli autocrati”.

Per risolvere il male dei mali Navalny propone cinque passi o punti all’Occidente tra cui la “trasparenza forzata” dei contratti e degli accordi, nuove sanzioni personali contro l’entourage di Putin, l’istituzione di un organismo internazionale che combatta la corruzione su scala planetaria. In conclusione solo se faranno fatti questi passi “allora un giorno i leader mondiali potranno scrivere nelle loro memorie che hanno risolto molti dei principali problemi della “grande agenda” semplicemente eliminando la loro causa principale – senza truppe, senza miliardi di dollari, e senza decenni sprecati”.

Corruttela, corruttela, corruttela, quindi. Chi è italiano si sentirà di ripiombare nei primi anni ’90 del secolo scorso quando sembrava che l’eliminazione per via giudiziaria dei partiti a maggior tasso di corruzione fosse una panacea. Gli italiani sanno come è finita. Del resto basterebbe tornare al vecchio adagio americano in cui ci si chiedeva se “erano nate prima le ruote o l’olio per ungerle”, sintesi sfolgorante di quanto i marxisti hanno sempre sostenuto sia il normale rapporto tra impresa e corruzione.

Ma una cosa colpisce soprattutto; Navalij si rivolge con questo articolo esclusivamente all’opinione pubblica occidentale. Non si tratta semplicemente di una miopia visto che buona parte dei russi si sente “europea” (anche in Siberia) ma non “occidentale” per valori, costumi e tradizioni. E neppure si tratta solo della vecchia diatriba tra asiatisti ed occidentalisti che pur è in parte ancora attuale, ma di una precisa strategia che punta a realizzare quanto non riuscì a Gorbaciov: portarla armi e bagagli ad Ovest, Unione europea e Nato compresi. In questo orizzonte deve far conto anche di una possibile balcanizzazione del paese e delle sue tragiche e prevedibili conseguenze.

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