Mentre gli occhi di tutto il mondo sono puntati, giustamente, sull’Ucraina, per chi intende capire cosa su succede nell’ex Urss deve tenere anche gli occhi puntati sul Kazakistan dove come avevamo previsto l’ondata di proteste operaie e popolari sta continuando. Dal 7 febbraio proteste e scioperi continuano ad Aktau e Zhanaozen. Proprio due lunedì fa lavoratori della MAEK-Kazatomprom LLP di Aktau erano entrati in sciopero e i lavoratori di altre tre aziende avevano subito dichiarato di essere pronti a unirsi allo sciopero. Una lotta iniziata contro le politiche di outsourcing in cui si chiede anche il raddoppio della paga. I lavoratori si sono riuniti la mattina davanti allo stabilimento e hanno montato un accampamento di tende. Gli imprenditori, che hanno istituito una commissione di conciliazione, hanno accettato di aumentare i salari solo del 30%, il che non ha soddisfatto i lavoratori, che insistitono per un aumento salariale del 100%. collettivi. Sempre negli stessi giorni gli operai dello stabilimento GRP nella regione di Mangistau, hanno avvertito che se gli arrestati delle mobilitazioni di gennaio non verranno presto liberato, presto incroceranno le braccia. Sempre il 7 i lavoratori della Verety Group LLP si sono anche riuniti per una protesta fuori dall’edificio dell’amministrazione locale della città chiedendo che non siano consentiti tagli di posti di lavoro o licenziamenti nel prossimo futuro.
Sta diventando persino difficile registrare tutte le agitazioni che si volgono nel paese: una settimana fa ci sono state agitazioni anche dei ferrovieri della tratta Mangistau-Beyneu-Mangistau così come delle aziende municipalizzate come degli operai di una fabbrica che produce vetroresina.
Lo stesso giorno, diverse centinaia di giovani disoccupati hanno tenuto la loro manifestazione nel centro di Zhanaozen e hanno trasmesso le loro richieste all’amminstrazione cittadina, chiedendo un lavoro immediato e l’assunzione dei “lavoratori temporanei”.
Nei giorni successivi nuovi collettivi di lavoro stanno entrando in sciopero nella regione del Mangistau. E’ stata la volta dei vigili del fuoco e delle guardie di sicurezza della KMG Securities. I primi chiedono il rilascio di tutti i lavoratori arrestati, un aumento salariale del 100% e il reintegro della loro impresa nelle operazioni principali della KazMunaiGas. I vingilantes, da parte loro, chiedono salari più alti e migliori condizioni di lavoro. Sciopero anche alla Burgylau LLP, dove lavorano oltre duemila persone, specializzata nella perforazioni dei pozzi e manutenzioni. Già il 19 gennaio, da quanto informano i sindacati e gli attivisti di sinistra kazaki, in questa azienda c’erano state delle proteste in cui si chiedeva la fine della repressione nel paese e delle pressioni sui sindacalisti. Hanno reiterano inoltre la rivendicazione “transitoria” della nazionalizzazione dell’impresa in cui lavorano. Nella riunione del 10 febbraio gli scioperanti sono andati oltre e non hanno espresso fiducia nel loro comitato sindacale ufficiale e nel suo presidente, che sono membri della Federazione dei sindacati del Kazakistan che i lavoratori considerano alla stregua di una “union gialla”. Inoltre, hanno deciso di formare un proprio sindacato indipendente e hanno istituito un comitato per preparare una conferenza ed eleggere i leader.
Così facendo, gli scioperanti hanno invitato tutti i loro colleghi di altri collettivi a seguire il loro esempio e a ritirarsi dalla Federazione dei sindacati del Kazakistan, istituendo localmente i propri sindacati indipendenti.
Non scioperano ancora I lavoratori della RCCU-Aktau LLP, che fornisce gas ad Aktau e alla regione, ma chiedono un aumento salariale del 100% e l’incorporazione della loro impresa nella compagnia nazionale Kazakhgaz JSC. Ciò significherebbe una cosa sola: nazionalizzazione. Questa è la parola d’ordine che sta diventando il magnete e la parola d’ordine di un po’ tutte le mobilitazioni che muovono da rivendicazioni aziendali ma che come nella tradizione russa già di epoca zarista tendono a trasformarsi in rivendicazioni politiche.
Non è da sottovalutare neppure ciò che sta succedendo ad Alma Aty dove durante l’insurrezione di gennaio furono uccisi ben 165 dimostranti. Oggi nella piazza centrale della città si sono riuniti migliaia di persone chiedendo verità e giustizia per chi ha perso la vita in quei giorni. Il presidente Tokaev, ha risposto che farà di tutto per accontentarli e che rispetta il loro dolore: veramente incredibile per chi solo qualche settimane fa sosteneva che la rivolta di Alma Aty era stata giostrata da oscure forze straniere del radicalismo islamico.