Segni di stanchezza nel movimento anti-Lukashenko






DI YURII COLOMBO

Nella crisi bielorussa ora la parola sembra passare alle diplomazie. La novitа più importante è sicuramente la decisione della Russia di allentare sempre i rapporti con Lukashenko e cercare una seppur difficile quadra con l’Unione Europea. Il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, ieri ha rotto gli indugi e ha dichiarato che Federazione Russa non vede “ora la necessità di assistenza militare russa alla Bielorussia”.

Anche se la linea di “ferma richiesta di non ingerenza da parte di paesi terzi nella politica di altri paesi” resta l’alfa e l’omega del Cremlino, è evidente che la dichiarazione non deve essere certo piaciuta a Minsk. Anche perché è stata seguita poco dopo da una nota del ministro degli esteri russo Lavrov in cui si riconosce per la prima volta dall’inizio della crisi che le elezioni bielorusse “non sono state realizzate in modo ideale”.

Egli ha comunque denunciato che “per la Polonia e parlamento europeo non si tratta tanto di Lukashenko, dei diritti umani e della democrazia. Nessuno nasconde che si tratta di geopolitica, di lotta per lo spazio post-sovietico. Abbiamo visto questa lotta in fasi precedenti dopo che l’Urss ha cessato di esistere, l’ultimo esempio è l’Ucraina”. Un esempio forzatamente propagandistico visto che la transizione bielorussa assomiglia assai più alle dinamiche viste recentemente in Armenia.

Fatto sta che la Lituania ha deciso di contraccambiare l’apertura di dialogo moscovita: il governo di Vilnius – dove si attualmente si trova Svetlana Tikhanovskaya – ha dichiarato “di non essere pronto a riconoscerla come presidente”, un chiaro spiraglio alla trattativa che a Mosca devono aver sicuramente apprezzato. Che qualcosa si siamo muovendo in queste ore è testimoniato dal fatto che a Minsk l’altro ieri sera и atterrato un aereo ufficiale del Fsb russo ma soprattutto sia giunto nella capitale Dragomar Karic, faccendiere e vecchia conoscenza della diplomazia non ufficiale serba molto apprezzato a Mosca. Starebbe trattando l’uscita di scena di Lukashenko e un suo possibile esilio dorato a Belgrado.

Si è mossa ancora anche la Ue, soprattutto in chiave propagandistica. “I capi di stato dell’Unione europea non riconoscono i risultati delle elezioni presidenziali in Bielorussia” ha annunciato la cancelliera tedesco Angela Merkel a seguito del vertice europeo di emergenza. Merkel ha aggiunto che la “Ue esprime sostegno ai manifestanti pacifici e invita la leadership del paese ad abbandonare la violenza e ad avviare un dialogo con l’opposizione”.

Il presidente bielorusso intanto continua ad andare avanti per la sua strada come se nulla fosse. Lukashenko ha messo insieme un nuovo governo che mancava da ferragosto e ha dichiarato di “aver posizionato le truppe ai confini occidentali del paese in stato di massima allerta”. Ha attaccato il “governo ombra” dell’opposizione affermando che avrebbe un piano “per fare uscire il paese dall’alleanza militare con la Russia” e ha sostenuto che il “tempo del disordine e delle manifestazioni illegali è finito” dando l’ordine a ministero dell’interno di “riportare l’ordine” ma per ora polizia e omon restano nelle caserme. Per il secondo giorno Lukashenko attraverso la rete dei funzionari delle fabbriche è riuscito ad organizzare perfino un paio di manifestazioni: una in provincia che ha raccolto qualche migliaio di persone e una a Minsk – fallimentare – in un piccolo parco cittadino. Di ieri и anche la tragica notizia che a Brest è deceduto Gennady Shutov, un 43enne che aveva ricevuto ricevuto una ferita alla testa per un colpo di arma da fuoco sparato dalla polizia durante le manifestazioni l’11 agosto. Si tratta del quarto morto dall’inizio delle proteste.

L’opposizione, complice una pioggia battente, ha mostrato una certa stanchezza. Il movimento degli scioperi regge ma non si allarga, sembra che nelle fabbriche qualche reparto – seppur di malavoglia – sia tornato a produrre. “Sono stati raccolti solo 180 mila dollari dai comitati di sciopero, non bastano a tenere in piedi la mobilitazione” affermano alcuni attivisti dell’estrema sinistra che distribuiscono volantini inneggianti alla cacciata di Lukashenko e della lotta per aumenti salariali.

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