Una domenica speciale a Minsk

DI YURII COLOMBO

ù sperdute del paese. Si tratta di povera gente che ha paura di perdere il lavoro, e terrorizzata di fuoriuscire dal mondo ovattato di un paternalismo tardo-sovietico, incosciente di essere usata per imbastire una provocazione.

Saranno 15 mila, ma gridano con poca convinzione “Sasha, Sasha!” quando Lukashenko sale sul palco. Ma il presidente ha perso smalto, appare impaurito: afferma che le elezioni non si rifaranno, che alla frontiera ci sono le truppe Nato pronte a entrare nel paese, che stanno per arrivare tempi duri ma “che voi, il popolo, mi aiuterete a superarli”. Difficile davvero pensare che questa piccola folla che riprende mestamente gli autobus dopo la passeggiata nella capitale possa rappresentare una ridotta della resistenza.

Igor Leshchenya, ambasciatore della Bielorussia in Slovacchia, che senza dimettersi si schiera con la protesta: accusa il governo di aver “voluto trasformare la pacifica Bielorussia del XXI secolo in un tritacarne in cui far rivivere le persecuzioni staliniane” e chiede un futuro democratico per il paese.

Dietro le quinte è probabile che Putin stia cercando di trattare con la Ue per una soluzione vellutata dalla crisi. Lo spazio è stretto perché è difficile che a Bruxelles in questo momento vogliano fargli degli sconti.

Apparso su Il Manifesto 17 agosto 2020