Volodymyr Ishchenko – Ma gli ucraini vogliono entrare nella Nato?






Articolo tratto da Truthout 

Volodymyr Ishchenko è ricercatore associato presso l’Istituto di Studi dell’Europa Orientale della Freie Universität di Berlino. La sua ricerca si è concentrata su proteste e movimenti sociali, rivoluzioni, politiche radicali di destra e di sinistra, nazionalismo e società civile. È autore di una serie di articoli e interviste sulla politica ucraina contemporanea, la rivolta di Euromaidan e la successiva guerra del 2013-14, pubblicati su Post-Soviet Affairs, Globalizations e New Left Review, tra le altre riviste. Dal 2014 è stato un importante collaboratore dei principali media internazionali come The Guardian e Jacobin. Sta lavorando al manoscritto di un libro collettivo, The Maidan Uprising.

Dopo settimane di allarme mediatico su una presunta invasione militare russa dell’Ucraina, la crisi potrebbe essere risolta diplomaticamente. Il dibattito pubblico sull’attuale escalation del conflitto russo-occidentale sull’Ucraina è, tuttavia, piuttosto stupefacente. Almeno in superficie, si concentra sulle garanzie che l’Ucraina non entrerà nelll’alleanza militare dell’Organizzazione del Trattato Nord Atlantico (NATO), visto che quest’ultima non solo è lungi dall’invitare l’Ucraina ad unirsi ad essa, ma che la maggior parte degli ucraini stessi non vorrebbe aderire.

L’Ucraina non sta semplicemente giocando un ruolo secondario nello scambio di minacce e negoziati sul suo destino. In modo tipicamente coloniale, i commentatori stanno omogeneizzando i punti di vista degli ucraini e occultano le differnze politiche in una nazione di 40 milioni di persone. Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha recentemente twittato sul principio “Niente sull’Ucraina senza l’Ucraina”, in contrasto con la tendenza del presidente russo Vladimir Putin a voler definire la questione dell’appartenenza dell’Ucraina alla NATO dentro la cerchia ristretta delle Grandi Potenze. Tuttavia, il problema non è solo decidere “senza l’Ucraina”, ma anche decidere “per” degli ucraini molto diversi tra di loro come se avessero opinioni omogenee sulle questioni fondamentali in discussione.

Un’interpretazione popolarizzata della rivoluzione di Euromaidan contribuisce a questo travestimento strategico. Secondo tale lettura, nel 2014, gli ucraini di diverse regioni, che si erano fuse in un unico stato moderno solo durante la seconda guerra mondiale, si sarebbero finalmente unificati in una nazione civile inclusiva, nata dalla rivoluzione. Gli ucraini avrebbero fatto la loro “scelta di civiltà” a favore di un orientamento geopolitico occidentale e la stanno difendendo dall’aggressione russa, che tenta di riportare l’Ucraina nella sua sfera d’influenza. La guerra nel Donbass che è seguita nel 2014 viene presentata principalmente come una guerra interstatale e non una continuazione diretta del violento conflitto civile iniziato negli ultimi giorni di Euromaidan anche prima di qualsiasi mossa militare della Russia.

In realtà, Euromaidan è stata una rivoluzione debole. Non ha forgiato alcuna unità nazionale, ma i gruppi di élite che ne hanno beneficiato (insieme ai cheerleader ideologici) hanno bisogno di sostenere questa illusione di legittimità interna ed esterna attraverso una combinazione di silenzio e repressione. È quindi nel loro interesse presentare le posizioni alternative sul passato, presente e futuro dell’Ucraina come “non ucraine” o addirittura “antiucraine”, anche se queste posizioni sono condivise da molti (se non dalla maggior parte) cittadini ucraini.

Quindi questi ucraini sono sempre più privati di una voce nella vita pubblica nazionale e internazionale. L’Ucraina non si è semplicemente trasformata in uno strumento del gioco delle grandi potenze. In modo particolarmente umiliante, l’Ucraina è sfruttata per coprire gli interessi imperialisti e travisarli come una nobile impresa. I riferimenti carichi di pathos nei confronti della sovranità ucraina viaggiano parallelamente alla realtà dello stato, che è più dipendente dalle potenze straniere politicamente, economicamente e militarmente che mai dopo il crollo sovietico. Riconoscere la peculiarità dell’Ucraina e spostare la discussione sugli interessi degli ucraini è particolarmente importante non solo per la de-escalation immediata del conflitto, ma per qualsiasi soluzione sostenibile per l’Ucraina e la pace in Europa.

Gli ucraini vogliono entrare nella NATO?

La Russia sta chiedendo garanzie ferree che l’Ucraina (e altri stati ex-URSS) non si uniranno alla NATO, e che la NATO non userà il territorio di questi stati per l’espansione militare. La tipica risposta dei funzionari e degli osservatori occidentali finora è stata che spetta alla NATO e all’Ucraina decidere, non alla Russia. Molti commentatori occidentali sono ossessionati dal voler leggere nella mente di Putin: Come reagirebbe se non fosse soddisfatto di una risposta ai suoi ultimatum? Queste elucubrazioni si rispecchiano in speculazioni simmetriche virali opposte: Biden sarebbe pronto a stringere un accordo con la Russia. Non molti però sono interessati a ciò che gli ucraini pensano di tutto ciò. Gli ucraini vogliono davvero entrare nella NATO?

Lo status neutrale dell’Ucraina, che la esclude dall’ingresso in qualsiasi blocco militare, è stato inscritto nei documenti fondanti del stato ucraino contemporaneo: la Dichiarazione di Sovranità (adottata il 16 luglio 1990) e la Costituzione dell’Ucraina (28 giugno 1996). Nel dicembre 2007, alla vigilia del famigerato vertice di Bucarest che stabilì che l’Ucraina e la Georgia “sarebbero divente membri della NATO”, meno del 20% dei cittadini ucraini sosteneva l’adesione alla NATO. La maggioranza degli ucraini era divisa tra il sostegno a un’alleanza militare con la Russia o il mantenimento dello status di non-blocco neutrale. Gli ucraini qjuindi sono tutt’altro che uniti nel sostegno all’adesione alla NATO.

L’adesione alla NATO è rimasta la causa solo di una piccola minoranza all’interno della società ucraina fino ai tumultuosi eventi del 2014. Come risultato dell’annessione della Crimea da parte della Russia e l’inizio della guerra nel Donbas, il sostegno all’adesione alla NATO è balzato a circa il 40%. Tuttavia, non era ancora abbracciato dalla maggioranza degli ucraini.

Due cose hanno contribuito a questo mutamento nell’opinione pubblica. Alcuni ucraini precedentemente scettici hanno iniziato a vedere l’adesione alla NATO come una protezione contro ulteriori azioni ostili da parte della Russia. Ma una ragione non meno importante per l’aumento del sostegno era che i sondaggi non includevano più i cittadini ucraini più filorussi dei territori non sotto il controllo del governo ucraino – Crimea e Donbas. Milioni di cittadini ucraini sono stati effettivamente esclusi dalla sfera pubblica ucraina.

Nel resto dell’Ucraina, il sostegno a un’alleanza militare con la Russia è sceso bruscamente dal 2014. Tuttavia, la maggior parte degli ex sostenitori della Russia non si sono trasformati in sostenitori della NATO, ma sono passati a sostenere uno status di neutralità, la posizione “peste su entrambe le vostre case”. Se si pensa ai sette anni di conflitto militare, che è prevalentemente (mis)rappresentato come la guerra con la Russia, la riluttanza ad abbracciare la NATO da parte di una larghissima parte degli ucraini è sorprendente.

Prima delle elezioni del 2019, il precedente presidente ucraino, Petro Poroshenko, ha sostenuto delle modifiche alla costituzione ucraina per metterla sulla strada dell’adesione all’Unione europea (UE) e alla NATO. Ciò non lo ha aiutato a impedire però la sua devastante sconfitta da parte di Zelensky.

Il sostegno alla NATO in Ucraina varia a seconda della regione. Una stabile e solida maggioranza pro-NATO esiste solo nelle regioni occidentali. C’è, forse forse anche pro-NATO nell’Ucraina centrale. Ma nelle regioni orientali e meridionali, la neutralità è più popolare dell’adesione alla NATO, nonostante il fatto che in questa parte dell’Ucraina sarebbe molto probabilmente occupata in caso di una vera invasione russa.

Una correlazione tra il sostegno alla NATO e le diverse visioni dell’identità nazionale ucraina rende la questione particolarmente divisiva. Molti ucraini vedono la NATO come uno strumento per la difesa dalla Russia. Molti altri ucraini ritengono che l’adesione alla NATO farebbe perdere più sovranità all’Ucraina nei confronti dell’Occidente, cosa che ritengono stia accadendo dal 2014, e, allo stesso tempo, aumenterebbe le tensioni con la Russia, aggraverebbe le tensioni interne tra gli ucraini, e trascinerebbe la nazione in una delle guerre “senza fine” degli Stati Uniti, una delle quali è appena finita in una sconfitta umiliante.

Ci sono alcuni indizi che il rafforzamento militare russo nella primavera del 2021 potrebbe aumentare il sostegno alla NATO.

È abbastanza probabile che i sostenitori della NATO vincano un potenziale referendum. Tuttavia, tali proiezioni per il referendum non sono così valide per valutare le preferenze per la strategia di sicurezza dell’Ucraina tra la popolazione in generale dell’Ucraina, perché schiacciano la scelta a “sì” o “no” e lasciano fuori i milioni di cittadini ucraini del Donbass e in Crimea, che non sarebbero in grado di votare al referendum, ma hanno un punto di vista netto sulla questione.

Inoltre non si sà come l’opinione pubblica ucraina reagirebbe al messaggio molto chiaro che giunge da Washington secondo cui gli Stati Uniti escludono l’invio di truppe per combattere la Russia nel caso in cui questa attacchi l’Ucraina e nei confronti di qualsiasi potenziale compromesso nel corso dei negoziati con la Russia.

Mentre si criticano la tendenza di Putin a decidere dell’adesione dell’Ucraina tra le Grandi Potenze, è importante non cadere in una simile approccio, facendo del desiderio di entrare nella NATO degli ucraini, un fatto acclarato. Gli ucraini sono tutt’altro che uniti nel sostegno all’adesione alla NATO. Si tratta di una questione controversa che può essere risolta correttamente solo in un processo politico in cui gran parte degli ucraini dissenzienti non vengano emarginati e stigmatizzati di default come “traditori” o “tirapiedi” della propaganda russa solo in scettici sulla NATO, e per buone ragioni.

La via d’uscita e la via da seguire

L’opposizione può rappresentare una grande minoranza o a volte anche una maggioranza dei cittadini ucraini, ma è stata scarsamente mobilitata e organizzata in confronto ai settori nazionalisti o neoliberali della società civile. Questi ultimi hanno solo aumentato la pressione per realizzare loro programmi impopolari in stato ucraino sempre più debole. Le politiche nazionaliste radicali durante il governo di Poroshenko hanno conosciuto un seguito, nel 2021, con le sanzioni e le minacce di Zelensky contro un leader del partito più popolare di opposizione, di potenti oligarchi e della maggior parte dei principali media di opposizione. Nonostante le critiche sul rispetto dei diritti umani, ciò non ha provocato alcuna reazione pubblica significativa da parte dell’Occidente, a differenza della repressione dell’opposizione russa e bielorussa.

Molti osservatori hanno accettato una pigra spiegazione securitaria secondo cui la repressione delle forze presumibilmente “filorusse” è inevitabile o addirittura legittima in un paese sotto la minaccia straniera. Tuttavia, ulteriori limitazioni alla rappresentanza politica e pubblica di un ampio segmento della società ucraina non rende l’Ucraina più forte, ma solo più debole e ancora più divisa.

Gli accordi di pace di Minsk, che richiedono l’istituzionalizzazione di uno status speciale per i territori secessionisti del Donbass, potrebbero essere una parte importante della possibile soluzione per l’Ucraina. Sono stati firmati dopo una serie di sconfitte dell’esercito ucraino nel 2014-2015; tuttavia, poco è stato attuato da allora. È degno di nota, anche alcuni sostenitori lo presentano come un “compromesso sgradevole” in linea con “i termini della Russia, imposti usando l’aggressione armata”.

Tuttavia, è importante comprendere gli accordi di Minsk non come qualcosa che Putin desidera, ma come una possibile via verso un’Ucraina più democratica e pluralista che riconosce e accetta la diversità politica. Allo stesso tempo, gli accordi sono sia i fini che i mezzi in questo processo. Gli accordi di Minsk presuppongono che la gente del Donbass ritorni ad essere parte legittima della nazione ucraina. Per lo più hanno opinioni molto diverse sulla storia e sugli eventi recenti, sulle politiche linguistiche e sulle alleanze internazionali, rispetto ai politici nazionalisti e alla società civile che parlano in nome della società ucraina, ma rappresentano solo malamente la sua pluralità. Ciò richiederebbe un cambiamento radicale del discorso dominante post-Euromaidan nella sfera pubblica ucraina e un lavoro verso una definizione più inclusiva dell’identità nazionale.

D’altra parte, restituendo i milioni di cittadini ucraini del Donbass all’Ucraina, gli accordi di Minsk ripristinerebbero alcuni degli equilibri perduti (ora istituzionalmente protetti) nella politica ucraina che divergevano dagli atteggiamenti e dalle aspettative della popolazione generale. Gli accordi di Minsk richiedono e permettono contemporaneamente un dialogo sostanziale sul futuro dell’Ucraina.

Ci sono dei rischi, naturalmente. C’è una forte richiesta di pace nella società ucraina, ma delle clausole specifiche dello status speciale per il Donbass (come l’amnistia per i combattenti o l’istituzionalizzazione delle unità armate separatiste come “milizie popolari”) non sono popolari. Tuttavia, la mancanza di sostegno della maggioranza non è mai stata la ragione principale per il governo ucraino per sottrarsi all’attuazione degli accordi di Minsk, come non è mai stato un ostacolo alla campagna per l’adesione alla NATO e alle politiche nazionaliste e neoliberali, che sono ancora meno popolari. È importante notare che, nonostante gli accordi di Minsk fossero un risultato di sconfitte militari, la maggior parte degli ucraini li sostennero, subito dopo la loro firma nel 2015. Se molti ucraini sono delusi ora, è soprattutto a causa dei pochi progressi e della loro incapacità nel portare la pace in Ucraina e non perché gli accordi sono fondamentalmente inaccettabili.

Un maggior ruolo ha giocato l’esplicita minaccia di violenza articolata dalla società civile nazionalista che ha guidato le cosiddette proteste “anti-capitolazione”. Erano piuttosto limitate e solo il 26% degli ucraini ha espresso sostegno alle proteste, mentre il 41% era chiaramente contrario. Tuttavia, hanno bloccato ulteriori progressi nell’attuazione degli accordi di Minsk dopo i successi iniziali che erano seguiti alla vittoria schiacciante di Zelensky nelle elezioni del 2019.

La posta in gioco, tuttavia, non è la “capitolazione” dell’Ucraina, ma di un progetto molto specifico di nation-building per l’Ucraina, dove la Russia gioca il ruolo dell'”Altro” principale, contro cui i sostenitori di tale progetto articolano la loro identità nazionale. Il problema con questo progetto è quello del tentativo di assimilazione della diversità culturale e politica interna dell’Ucraina (per ripetere il percorso problematico di come le moderne nazioni occidentali sono state costruite dal XIX secolo) è incompatibile con il modo in cui molte persone vedono la democrazia oggi. Probabilmente, è incompatibile come la replica della politica delle Grandi Potenze dall'”età dell’oro” dell’imperialismo. Tuttavia, questo progetto di costruzione nazionale è anche difficilmente realizzabile nelle condizioni attuali, perché non sarà sostenuto dai processi di modernizzazione paralleli.

Non si può ripetere il processo di “trasformare i contadini in francesi” oggi, perché il Partito Comunista ha completato questo compito per l’Ucraina decenni fa. Non è una sorpresa che il progetto fondamentalmente anticomunista della società civile ucraina abbia continuamente fallito nell’unificare la nazione, nonostante tre rivoluzioni nella vita di una generazione e la presunta minaccia mobilitante dall’estero. Finora, i tentativi di portare avanti questo progetto di costruzione della nazione non hanno risolto ma piuttosto intensificato la profonda crisi post-sovietica della rappresentanza politica.

Un’Ucraina diversa e pluralista che si sviluppi in modo più sintetico e dialogico come un ponte sovrano tra Europa e Russia è certamente possibile. Per arrivarci, riconoscere la diversità politica dell’Ucraina e stabilire le condizioni per un dialogo nazionale istituzionalmente protetto tra gli ucraini con opinioni diverse è vitale. Se sia davvero necessario per chiunque tranne che per gli ucraini è un’altra questione.

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