Yurii Colombo – L’incerta avventura putiniana






L’irruzione di Putin in Ucraina si è presentata sin dalle prime battute come un’incerta avventura. Incerta negli scopi, incerta nel suo dipanarsi. Sin dal riconoscimento delle due repubbliche autoproclamate la confusione ha regnato sovrana al Cremlino. Il 21 febbraio a mezzogiorno il suo portavoce nel briefing quotidiano ha sostenuto che le Donetsk e Lugansk avrebbero avuto la giurisdizione nei territori fino ad allora controllati. Ma già nel pomeriggio il Ministero degli interni slo smetiva sostenendo che “tutto ciò era ancora da definire” mentre i caporioni delle due regioni baldanzosamente dichiaravano la volontà di prendersi tutto il Donbass. Seguito dall’annuncio all’alba di Putin del 24 febbraio in cui dichiarava di voler “denazistificare e demilitarizzare” tutta l’Ucraina. Tuttavia nel suo discorso – dedicato per buoni due terzi a polemizzare con gli Usa e l’Occidente – l’Ucraina rappresentava un elemento accessorio se non marginale. Il presidente russo indicava apertamente la necessità di cambiare gli equilibri e i rapporti di forza in Europa manu militari. Ma malgrado qualcuno sostenga che egli sia un gran stretega, non solo i rischi sono stati solo sommariamente calcolati, ma è subito apparsa una scommessa all-in che se fallisse travolgerebbe inevitabilmente il suo regime ventennale. 

La necessità di far in fretta si è accompagnato a messaggi confusi. Il fatto di non essere riuscito ad detronizzare l’esercito ucraino sin dalle prime ore gioca a suo sfavore. Se l’obiettivo di fondo appare quello di balcanizzare l’Ucraina non si capisce bene perché quell’invito all’esercito ucraino a prendere il potere per poi rilanciare la trattatativa con il presidente ucraino in carica. Messaggi che hanno disorientato anche l’epinione pubblica che lo sostiene: “delimitarizzare” attraverso un esercito?, “denazificare” attraverso un esercito che sostiene sia nazista?

E’ chiaro che più si avanti e più l’occupazione non è più solo scarsamente sostenibile economicamente ma ingestibile politicamente. Putin anche se a questo punto vincesse rapidamente si troverebbe con in un mano un paese ostile di cui non saprebbe che farsene. Anche se i negoziati in corso si concludessero positivamente sarebbero solo una tregua armata e il conflitto destinato a riesplodere. Stavolta senza mediazioni. Del resto le sanzioni comminate alla Russia non sono destinate a scomparire, eventualmente, in un futuro indefinito ad allentarsi.

Un miracolo all’incontrario però Putin lo ha realizzato: creare un’unità d’intenti europeo oltre e per certi versi contro gli Usa che prelude a un rapido riarmo autonomo. Sono segnali devastanti che si accompagneranno alla crescita del protezionismo e del militarismo.

Il 50% delle colpe dell’ “impazzimento” di Putin, della sua frenesia autocratica e imperialista sono in Occidente: l’allargamento continuo della Nato ad Est, il riarmo dell’Ucraina, l’aver distolto con fastidio lo sguardo dall’insediamento nell’esercito e nella polizia del Tridente di forze politiche che si richiamano al collaborazionismo con il nazismo, non possono essere dimenticate. Solo la ripresa d’iniziativa di mobilitazione degli oppressi di tutto mondo, potranno frenare e rovesciare a una tendenza distruttiva che la brama di profitti e di dominio alimenta e riproduce.

L’Ucraina deve essere uno Stato indipendente, democratico, fuori dalla Nato.

La battaglia per un’alternativa a Putin che è iniziata anche Russia può aiutare questo obiettivo. Si nutre della coraggiosa mobilitazione di questi giorni. Occorre una Russia indipendente e non una colonia occidentale. E ciò può essere raggiunto solo legando gli obiettivi di carattere democratico a quelli sociali.

Per continuare a fare questo lavoro abbiamo bisogno del vostro sostegno, anche piccolo.


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