17 marzo 1991: i sovietici dicono sì al mantenimento dell’Unione
La votazione, nelle elezioni più libere che si tennero in Urss e forse in tutta la storia russa, decretò che il più del 70% dei sovietici voleva mantenere l’Unione.
Risultati | |||
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Votanti |
Percentuale |
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Sì |
113.512.812 |
77,85% |
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No |
32.303.977 |
22,15% |
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Voti validi |
145.816.789 |
98,14% |
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Bianche o nulle |
2.757.817 |
1,86% |
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Всего голосов |
148.574.606 |
100% |
|
Partecipanti |
80,03% |
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Elettorato |
185.647.355 |
I risultati furono particolarmente significativi nella Repubblica Federale Russa (la più popolosa) dove i sì furono il 75,4% e in Ucraina dove a favore votarono il 70,2% degli elettori. Sopra il 90% furono i voti favorevoli nelle repubbliche Centroasiatiche che dall’esistenza dall’Urss avevano avuto enormi dividendi in chiave di sviluppo economico, culturale e sociale.
Alcune delle repubbliche non parteciparono al voto perché i governi locali avevano già deciso di mettersi sulla strada della secessione. Tuttavia se nei paesi baltici era assolutamente evidente la volontà dei cittadini di voler separare le proprie strade da quella dell’Unione dopo quasi mezzo secolo di convivenza forzata, non era così chiaro quale sarebbe stata la volontà dei cittadini di Armenia, Georgia e Moldavia se il referendum si fosse tenuto regolarmente.
La manifestazione a Mosca del 4 febbraio 1991 per il mantenimento dell’Unione
capo del KGB Vladimir Kryuckov e dal ministro degli Interni Boris Pugo (tutti stretti collaboratori di Gorbaciov) che riuscirono a impedire al presidente dell’Urss di recarsi a Mosca dove il 20 agosto avrebbe dovuto esserci stata la firma sul nuovo patto federativo approvato dal referendum.
L’inevitabile fallimento del colpo di Stato aprì la strada all’abbandono dell’accordo prima di tutto dell’Ucraina, che rimaneva comunque l’architrave su cui pensare alla nuova unione, poi suggellata dalla dissoluzione dell’Urss con l’abbassamento della bandiera rossa dal pennone del Cremlino e le dimissioni di Gorbaciov del 25 dicembre 1991.
In tutti questi anni, i russi e non solo i russi, hanno avuto tempo per recriminare per quanto successe allora. Nessuno di quei paesi che forgiavano l’Unione che sia tornato ai livelli di sviluppo economico e culturale dell’Urss. In quella situazione
Gorbaciov non fu esente da colpe. Fino all’ultimo continuò ad oscillare tra rinnovamento e conservazione evitando lo scioglimento del Pcus che era da tempo un coacervo di contraddizioni e di progetti politici antitetici.
Interfax. E ha aggiunto: “I risultati del referendum furono non solo interessanti, ma sorprendenti: la stragrande maggioranza del popolo sovietico si disse favorevole della conservazione dell’Unione Sovietica”.