Alexander Alekhin (1892-1946) non ha bisogno di presentazioni almeno per chi ama gli scacchi. Sfidò tutti i grandi giocatori della sua epoca da Emanuel Lasker a José Raul Capablanca e per molti anni fu campione del mondo incontrastato, viaggiando e giocando in tutto il mondo. Egli non era interessato alla politica ma in quanto russo che visse in un periodo, che per usare un eufemismo, turbolento fu coinvolto in qualche misura dalla vicenda rivoluzionaria. Il padre, Alexander Ivanovich Alekhin, un nobile ereditario, era uno dei direttori e proprietari della “Partnership della manifattura Prokhorov Trekhgornaya” – la più grande impresa tessile russa. Fu anche deputato a lla Duma di Stato e capo della nobiltà della provincia di Voronez.
Dopo essersi diplomato al liceo, Alexander si trasferì a San Pietroburgo e si iscrisse a giurisprudenza ma iniziò ad appassionarsi agli scacchi. Per fortuna sua allora club degli scacchi della capitale russa era il più grande d’Europa e rapidamente egli divenne il più forte giocatore cittadino.
Dall’età di vent’anni, ha iniziato a partecipare attivamente e vincere a prestigiosi tornei europei. Presto la stampa russa e mondiale hanno concordarono all’unanimità che nel futuro Alekhin sarebbe stato in grado di combattere per la corona mondiale degli scacchi. Purtroppo però questi piani furono vanificati dalla prima guerra mondiale. Alexander arruolato a essere arruolato nella squadra sanitaria di Zemgor. Dopo aver subito diverse ferite al fronte all’inizio del 1917, fu congedato. Quando iniziò la rivoluzione Alekhin era a Mosca, ma la sua passione restavano gli scacchi ed egli riuscì comunque ad organizzare dei piccoli tornei scacchi in appartamenti privati e cercò persino di pubblicare una rivista di scacchi.
Nell’ottobre 1918 Alekhin si trasferì a Odessa attraversando la ribollente Ucraina della guerra civile. Cosa aveva spinto il giocatore di scacchi a compiere un viaggio così pericoloso e rischioso? Non è difficile indovinare che Alexander temeva seriamente per la sua vita. Dato le sue origini borghesi, la Cheka e i tribunali rivoluzionari erano per in qualche misura interessati al suo destino.
A Odessa, il giocatore di scacchi si buttò a capofitto nella sua attività preferita. Frequentava un bar dove c’erano tavoli da scacchi, e dava simultaneamente a pagamento, lezioni private. Ma quella vita “tranquilla” non durò a lungo.
Il 6 aprile 1919, i rossi entrarono a Odessa sotto il comando dell’ataman Nikolaj Grigoriev. I “Grigorievtsy” a quel tempo erano, forse, la formazione più dura di tutta l’ Armata Rossa e prestero ruppero anche con i bolscevichi e gli anarchici di Machno. In città iniziò un sanguinoso baccanale.
Questi eventi sono stati descritti in modo colorito da Ivan Bunin nel suo diario “I giorni maledetti”. Alekhin iniziò a percepire cosa significava il terrore, nel suo caso rosso.
Il 19 aprile 1919, Alekhin fu arrestato Cheka. Essere arrestati dalla Ceka in quei “giorni maledetti” significava molto spesso una condanna a morte come viene descritto anche da Babel’ nei suoi meravigliosi “Racconti di Odessa”. Il codice penale, il tribunale, la professione legale non esistevano in quanto tali. Analisi della base di prove – anche. Le sentenze veniva spesso emesse sulla base dell’opportunità rivoluzionaria da un tribunale speciale.
All’inizio della Perestrojka, il fascicolo investigativo su Alexander Alekhin fu scoperto casualmente negli archivi del KGB. Ne venne fuori che lo scacchista era stato arrestato a seguito di una delazine. L’anonimo estensore della denuncia aveva informato le autorità che un pericoloso controrivoluzionario, un ex ufficiale insignito di un ordine militare, Alexander Alekhin, viveva in città. Essendo un nobile ereditario, figlio di un ex membro della Duma di Stato, proprietario terriero, il destino di Alekhin era sul crinale.
Gli investigatori della Ceka scoprirono immediatamente che Alekhin non era affatto un controrivoluzionario e non aveva nulla a che fare con la clandestinità della Guardia Bianca. Tuttavia, non lo rilasciarono. Il futuro campione di scacchi fu semplicemente trasferito in un’altra cella dove erano tenuti gli ostaggi.
Ciò significava che la sua condanna a morte era stata semplicemente rinviata. Ogni settimana l’Odessa Cheka fucilava decine di persone egli elenchi dei giustiziati sono stati stampati sul giornale locale.Venne calcolato che in quel periodo la Cheka locale aveva giustiziato 1.300 prigionieri e ostaggi.
Alekhin, miracolosamente, non fece parte di questa sventurata pattuglia
Dopo tre mesi di prigione, Alekhin fu rilasciato inaspettatamente. C’è una leggenda, che però ancora circola in alcuni libri di storia, secondo cui il giocatore di scacchi venne personalmente liberato dal presidente del Consiglio militare rivoluzionario Lev Trotsky, ma solo dopo aver perduto 10 partite di scacchi con Alekhin (anche Trotsky amava gli scacchi, ma non era certo un campione). Per la prima volta questa versione fu fatta circolare nel 1937 dalla rivista scacchistica inglese Chess. Ma questo è solo una delle tante favole che circolavano nella emigrazione russa dell’epoca. Gli storici russi hanno da tempo dimostrato dai materiali d’archivio che nell’estate del 1919 Trotsky era molto lontano da Odessa ed era impegnato in faccende assai complicate come dirigere tutta l’Armata Rossa.
Tuttavia, la leggenda contiene un grano di verità. Il rilascio di Alekhin fu infatti reso possibile dall’interessamento di un importante funzionario sovietico, ma un grado inferiore a quello di Trotsky. Nell’estate del 1919, Dmitry Manuilsky, membro del Comitato rivoluzionario panucraino, arrivò a Odessa per un’ispezione. E scoprì che il miglior giocatore di scacchi russo giaceva negli scantinati della Cheka. Manuilsky che lo conosceva di fama, ordinò immediatamente il rilascio del prigioniero.
Inoltre, garantì a Alekhin un posto come funzionario-interprete nel dipartimento degli esteri del Comitato esecutivo provinciale di Odessa. Nel luglio 1919 però tornò a Mosca. Nella capitale lavorò poi come interprete nel Comintern.
In seguito decise di emigrare. Avendo contratto un matrimonio fittizio con la giornalista svizzera Anna-Lisa Rygg nel 1921, Alekhine ottenne il permesso ufficiale di partire. Poco dopo lasciò la Russia con un treno diplomatico e non tornò più in Russia. Diventerà poi il grande campione a tutti noto e morirà a Lisbona nel marzo 1946.