Vladimir Semënovič Vysockij (1938-1980) è stato indiscutibilmente il più grande cantautore sovietico, anche se durante la sua carriera si esibì anche attore cinematografico e di teatro. Dotato di una vena creativa straordinaria, costruiva i suoi pezzi su strutture armoniche e melodiche semplici che esaltavano la profondità ironica e struggente dei testi. Pur non essendo un dissidente in senso proprio, la liricità e il disincanto con cui rappresentava la società sovietica lo rese inviso al regime. Frustrato, stanco, finì infine sommerso dalla dipendenza dall’alcol e della morfina. I suoi funerali, tenuti durante mentre a Mosca si celebrarono le olimpiadi, furono l’occasione di un enorme manifestazione di affetto ma anche di opposizione, per milioni di russi. La lettera che segue – tradotta per la prima volta in italiano – rappresenta uno squarcio dell’emarginazione subita da Visotskij da parte del regime burocratico sovietico.
Lettera di Vladimir Vysoсkij al Comitato Centrale del PCUS.
La lettera fu archiviata dal dipartimento generale del Comitato centrale del PCUS con il n. 63382 il 17 aprile 1973.
Dall’artista del Teatro drammatico e commedia di Mosca della Taganka V.S.VYSOCKIJ
Recentemente, sono diventato oggetto di un’attenzione ostile da parte della stampa e del Ministero della Cultura della Repubblica Russa.
Per nove anni non ho potuto avere rapporti ufficiali legali con gli ascoltatori delle mie canzoni. Tutti i miei tentativi di risolvere questo problema a livello di organizzazioni concertistiche e del Ministero della Cultura non hanno portato da nessuna parte. Pertanto, mi rivolgo a voi, la questione riguarda il futuro del mio lavoro, e quindi anche quello mio personale.
Probabilmente sapete che nel Paese sia difficile trovare un registratore che non riproduca le mie canzoni. Da nove anni chiedo una cosa: di darmi la possibilità di vivere un rapporto con il pubblico, di poter selezionare brani per i concerti, di concordare un programma.
Perché mi trovo in una posizione in cui la mia creatività civilmente responsabile (come è scritto nella lettera) è diventata una sorta di performance per amatori?
Sono responsabile della mia creatività di fronte al mio Paese, che canta e ascolta le mie canzoni, nonostante non siano promosse dalla radio, dalla televisione o dalle organizzazioni dei concerti. Mi sembra una paura miope quella dei funzionari della cultura che sono obbligati ad affrontare direttamente questi problemi, quella di bloccare tutti i miei tentativi di lavorare in modo creativo all’interno del quadro delle attività artistiche ufficiali.
Ciò provoca involontariamente la pubblicazione di una grande numero registrazioni illegali (bootlegs n.d.r.). Le mie canzoni in definitiva affermano la vita, e sono disgustato dal ruolo di “martire”, di “poeta perseguitato” che mi viene imposto.
Sono consapevole che il mio lavoro è piuttosto insolito, ma capisco anche sobriamente di poter essere uno strumento utile per promuovere idee non solo accettabili, ma anche vitali per la nostra società.
Ci sono milioni di telespettatori e ascoltatori con i quali, ne sono convinto, posso trovare contatto proprio attraverso canzoni d’autore, che altri artisti difficilmente scrivono.
Ecco perché, avendo ricevuto, per la prima volta da diversi anni, un’offerta ufficiale di esibirmi davanti ai lavoratori dei Kuzbass, ho accettato questa offerta con gioia e posso dire di aver dato il massimo in concerti senza nessun strascico. I concerti sono stati un successo. Alla fine dei concerti, gli operai mi hanno consegnato una medaglia d’acciaio appositamente fusa in segno di gratitudine; il partito e i dirigenti sovietici della regione mi hanno ringraziato per la mia partecipazione e mi hanno invitato a tornare. Sono tornato a Mosca felice perché speravo che finalmente la mia attività fosse finalmente reinserita nei canali ufficiali.
Ed ecco invece lo schiaffo immeritato, il commento offensivo organizzato da A. V. Romanov il caporedattore del quotidiano Sovietskaja Kultura (“Cultura sovietica”) che può servire da segnale per una campagna contro di me, come già successo in precedenza.
Nelle città dei cosmonauti, nei dormitori degli studenti, negli auditorium accademici e in qualsiasi ambiente lavorativo dell’Unione Sovietica, le mie canzoni vengono cantate. Voglio mettere il mio talento, avendo così tanta popolarità, al servizio della promozione delle idee della nostra società.
È strano che io sia l’unico a cui importi. Non è un problema semplice, ma è giusto affrontarlo cercando di zittirmi o promuovendo la gogna pubblica?
Voglio solo una cosa: essere un poeta e un artista per le persone che amo, per le persone di cui mi sembra di esprimere il dolore e la gioia.
E il fatto che io non sia come gli altri è, forse, parte del problema che richiede attenzione e partecipazione da parte della dirigenza. Il vostro aiuto mi consentirà di essere di maggior beneficio per la nostra società.
V. Vysockij
Traduzione di Yurii Colombo