Hippies, capelloni ed extraparlamentari nella Russia sovietica






di  Yurii Colombo

Il movimento della contestazione e della controcultura in URSS dagli anni ’60 e per tutti gli anni ’70 fu molto più radicale di quanto si evince dal recente film Leto (Estate) di Kirill Serebrannjkov recentemente presentato al Festival di Cannes. L’URSS degli anni ’70 fu percorsa, proprio come da noi, da una fitta rete di gruppi hippes, capelloni, formazioni della “nuova sinistra” e anche il fenomeno delle comuni fu esteso ed ebbe caratteristiche peculiari. “Il movimento delle comuni è stato un fenomeno straordinario nella vita sociale dell’URSS durante il periodo del “disgelo”” sostiene Alexander Tarasov autore di un libro sulla sinistra russa.

L’idea delle comuni era stata propagandata in un primo tempo dallo scrittore e pedagogo Simon Soloveichik e iniziò ad essere a praticata a Leningrado dal gruppo di Faina Shapiro, per poi svilupparsi in tutto il paese. “Sul piano metodologico, il movimento delle comuni combinava elementi dello scoutismo, della pedagogia della creatività, della psicoterapia di gruppo e dell’attività ludica. Ideologicamente faceva invece riferimento alle idee del “primo Marx”, al rivoluzionarismo romantico e all’umanesimo esistenzialista” sostiene Tarasov.

Idee “comunitariste” trovarono spazio, a partire dal 1969, anche nel movimento hippie sovietico. Sviluppatosi inizialmente nelle repubbliche baltiche e in Ucraina occidentale, il movimento hippie sbarcò a Mosca nel 1970. Uno dei personaggi più in vista di questa variopinta tribù era Alexander Podberezkij (“Stalker”) le cui velleità letterarie trovarono espressione in un manifesto in cui cercava di fondere materialismo dialettico, orientalismo e cosmologia. Inizialmente gli hippie di Mosca si denominarono “Il Sistema” e tendevano a riprodurre in modo caricaturale le posture del movimento americano. Jeans consunti, capelli lunghi, mitizzazione in chiave liberante della musica rock e dell’uso delle droghe fu il classico cocktail che attecchì anche a Mosca.

Nel 1971 gli hippies della capitale organizzarono persino un happening contro la guerra del Vietnam che la polizia, con benevolenza, evitò di sciogliere. Per il resto i rapporti tra “capelloni” e il KGB furono pessimi. Molti hippies, per i loro “comportamenti antisociali e piccolo-borghesi”, furono arrestati, rinchiusi in ospedali psichiatrici oppure spediti alla leva obbligatoria in località sperdute. Paradossalmente gli hippies russi però avevano facilità a entrare in possesso di droghe. Infatti nelle repubbliche sovietiche del Centroasia i contadini tradizionalmente coltivavano canapa indiana e oppio.

Terje Toomistu, ex hippie estone che ha realizzato un documentario sul fenomeno uscito nel 2017 ricorda come “il KGB era completamente impreparato ad affrontare il tema delle droghe e quindi cercavano nelle abitazioni degli hippies solo letteratura vietata, disinteressandosi per ignoranza dell’hashish che magari era sotto il loro naso”. Ma anche che molti giovani non era preparati all’uso di stupefacenti: alcuni giovani perdettero la vita per overdose dopo massicce bevute di tè all’oppio.

A partire dal ’68 si formarono anche molti gruppi rivoluzionari non appartenenti alla leva della dissidenza tradizionale. Nel 1975, per esempio, i liceali Ilya Smirnov e Grigory Loyferman fondarono il club “Antares”. “Antares” si considerava un’organizzazione clandestina e guardava con entusiasmo a esperienze di lotta armata come quelle delle Brigate Rosse e della RAF tedesca. A partire dal 1977 il club entrò in stretta relazione con il movimento delle comuni e degli hippies, prima di finire sotto la scure repressiva del KGB. Proprio quando “Antares”, alla metà degli anni ’70, andava cristallizandosi, venivano arrestati quasi tutti i membri del Partito Neocomunista dell’Unione Sovietica fondato nel 1972-1973 dal liceale Alexander Tarasov e dalla filologa Natalja Magnat. Il gruppo, presente in una decina di città, si rifaceva liberamente a Marcuse, Cohn-Bendit, Che Guevara e Trotsky.

Interessante anche l’esperienza di quella che nel 1976 si proclamò la “Scuola di Leningrado”. Il gruppo si definiva marxista libertario e caratterizzava l’URSS come “capitalismo monopolistico di Stato”. Presto anch’esso si organizzò in comuni. Ridenominatosi “Opposizione di sinistra” nel 1978, il raggruppamento andò incontrò a una dura repressione. Arresti e perquisizioni coinvolsero 40 membri dell’organizzazione. Il principale leader dell’“Opposizione di Sinistra” sarà poi condannato a 5 anni di prigione a “regime duro”.

Articolo apparso su Alias nell’agosto 2018.

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