Il fattore del cambio generazionale nella sentenza di Memorial






La liquidazione di Memorial segna un ulteriore passaggio verso uno Stato russo di “nuovo tipo”. Appena un giorno prima del verdetto di martedì scorso, un altro tribunale russo ha esteso a 15 anni la pena detentiva dello storico Yuri Dmitriev, che ha lavorato a lungo nella filiale di Memorial in Carelia, portando alla luce alcuni dei più mostruosi crimini dell’era stalinista. Nella condizione della pandemia e dello stato generale di degrado delle colonie penali russe, la sentenza contro Dmitriev,che ha 65 anni e una salute cagionevole, equivale a una condanna a morte. In Russia la sfera della libertà di opinione, di stampa per non parlare di quella di organizzazione sociale e politica si restringe sempre di più alla sfera individuale e privata mentre viene sempre di più sanzionata, intimidita, repressa ogni dimensione di alterità pubblica. Non viene messa in discussione formalmente la leicità ad avere una propria opinione, ma ad esprimerla. Se nell’occidente capitalistico siamo al capitolo “governance” la Russia ha superato da tempo tali perimetri (che erano stati sostanznialmente introdotti con l’ascesa del primo putinismo del “vertikalny vlast’) e si presenta immediatamente come potere ottuso e frontalmente contrapposto alla società civile. Il caso Memorial, allo stesso tempo, non è né un caso isolato e neppure il prodotto di una stretegia già definita ma la composizione di un mosaico. Si potrebbe discutere a lungo se è il punto di equilibrio dei rapporti di forza all’interno del Cremlino anche sul terreno del controllo dei percorsi e delle dimensioni della memoria collettiva, ma è evidente che ciò non sposta di molto la questione del punto di caduta: il revanchismo di quel cocktail terrificante che è lo spirito Grande russo e il nostalgismo sovietico.

Nel mio ultimo libro “Urss, un’ambigua utopia” ho sottilineato gli aspetti dell’esperienza sovietica che potranno giocare un ruolo positivo in una ripresa del socialismo in Russia. Ma non si può dimenticare per un solo attimo che il nostalgismo sovietico viene usato dalle classi dirigenti attuali in chiave sciovinistica e autoritaria. Inserire questo passaggio, nella partita che si apre intorno alla vicenda dell’Ucraina e dell’allargamento della Nato, lo possono fare solo i giornalisti occidentali che della Russia non hanno mai capito nulla.

Alla decisione non sono seguite proteste. Pesa che la decisione sia giunta a ridosso dei giorni di festa del nuovo anno e anche il ripiegamento dell’opposizione dopo un anno difficile.

Tuttavia non va dimensicato che oggi il bulk della società russa – i 30-40enni – non abbiano quasi più fili rossi che li leghino per via familiare o politica allo stalinismo e più in generale all’epoca sovietica. E allo stesso tempo generazione della “Perestrojka”, oggi tra i 50 e 70 anni, che attraversò e si riconobbe nel “secondo disgelo” dell’epoca gorbacioviana ha forse per qualche tempo – in parte – ottenuto i dividendi economici delle privatizzazioni ma non è mai giunta al potere.

La vicenda Memorial si colloca in questo quadro ma paradossalmente anche sul crinale del declino politico putiniano. Da questo punto di vista, il 2022 non sarà un anno come un altro, se in Russia tali anni sono mai esistiti.

Per continuare a fare questo lavoro abbiamo bisogno del vostro sostegno, anche piccolo.


image_pdfimage_print
Post Tags
No comments

LEAVE A COMMENT

Social media & sharing icons powered by UltimatelySocial