E’ stata una pagina triste per l’intera Europa quanto avvenuto in Bielorussia la scorsa notte dopo che il presidente in carica Alexander Lukashenko aveva annunciato subito dopo la chiusura delle urne di aver vinto le elezioni con l’80,2% dei voti contro il 10,6% della candidata delle opposizioni, Svetlana Tikhonovskaya. Per tutta la notte a seguito delle proteste inscenate nelle principali città del paese dai manifestanti anti-Lukashenko, la polizia ha arrestato 3000 mila persone. Sono oltre 50 invece quelle ricoverate per ferite piщ o meno gravi negli ospedali mentre il giovane Evgeny Zaickin, investito da un blindato durante un carosello sarebbe rimasto ucciso anche se – a causa del black-out di Internet imposto dal governo per impedire il coordinamento dei dimostranti attraverso i canali Telegram – non si ha ancora la conferma ufficiale.
Già domenica pomeriggio quando i bielorussi attendevano in lunghe code davanti ai seggi di poter votare, i reparti speciali antisommossa creavano una quarantina di valichi in tutta la capitale e chiudevano le principali fermate della metrò per impedire che le proteste potessero raggiungere il centro.
Tuttavia dopo le 21, migliaia di giovani riuscivano a raggiungere le piazze principali della capitale e davano vita a scontri con la polizia proseguiti poi fino all’alba. Stesso scenario in tutte le città del paese da Gomel a Brest: migliaia di persone si prendevano le strade e al grido di “vattene!” cercavano di raggiungere i palazzi del potere. Una lotta impari tra ragazzi a mani nude e armati solo di sassi e assi divelte dalle panchine e truppe specializzate, le quali hanno utilizzato negli scontri micidiali pistole elettriche vietate in tutto il mondo. Secondo il professore di sociologia di Kiev Volodomyr Ischenko la sproporzione delle forze in campo era inevitabile: “Due generazioni di sovietici e post-sovietici nati dopo gli anni ’50 hanno visto la violenza su larga scala solo nelle trasmissioni televisive ma non l’hanno mai sperimentata direttamente a casa loro a differenza dell’Occidente dove eventi come i gilet jaunes o le proteste per George Floyd, sono eventi rari ma non così straordinari. Nell’ex Urss quando la gente si scontra lo fa davvero spontaneamente, si tratta di scontri caotici, non coordinati, senza l’utilizzo di alcun strumento di offesa e in gran parte innocui per le truppe antisommossa. La quali, tuttavia, concentrate a Minsk, in questo caso non sono sembrate così efficienti in provincia”. Come a Pinsk e a Brest dove ieri notte nei corpo a corpo le forze dell’ordine hanno avuto la peggio.
Lukashenko per cantare vittoria ha aspettato il pomeriggio dopo aver incassato le congratulazioni “per la splendida vittoria” di Xi e di Putin. Quest’ultimo alla fine di fronte all’ipotesi che il “fratello slavo” entrasse in una fase incerta ma fortemente condizionata dalla mobilitazione popolare ha preferito alla fine l’“usato sicuro” Lukashenko. Il conducator in conferenza stampa ha definito i manifestanti “pecore manovrate dai governi britannico, polacco e ceco”. Secondo il presidente uscente, tra l’altro, “i ragazzi della polizia sono stati bravi, non hanno usato la mano pesante”.
Dopo tante chiacchiere sulla democrazia l’Occidente sta lasciando soli i giovani bielorussi. Il silenzio ufficiale della Ue che si è limitata a “esprimere sconcerto per quanto sta avvenendo” (la sola Polonia che ha represso recentemente le manifestazioni femministe, cinicamente chiedeva di riunire urgentemente la Commissione) era reso ancora più assordante dal Dipartimento di Stato che non commentava neppure gli eventi. Un chiaro segno che Lukashenko attorno alla vicenda dei 33 contractors russi è riuscito a blandire un po’ tutti i contraenti internazionali.
Svetlana Tikonovskaya, in questo quadro, è sembrata la pallida controfigura della combattiva candidata che si era vista in campagna elettorale. Per tutta la giornata di ieri è rimasta in un quartier generale segreto giocando blandamente “al dualismo di poteri”: ha sostenuto di aver vinto le elezioni, si è appellata ai giovani perché “non scendano sul terreno della violenza”, ha mostrato le prove di come in centinaia di seggi i brogli fossero stati marchiani, ma è sembrata incapace di qualsiasi leadership. L’unico evento che l’ha fatta sperare sono state le notizie di scioperi spontanei. Secondo quanto informa Boris Kravcenko del sindacato indipendente russo infatti ci sarebbero state fermate alla fabbrica metallurgica di Zhlobin, alla BelAZ di Zhodino e tra i minatori di Soligorsk.
E mentre chiudiamo il giornale giungono anche notizie di incidenti a Kiev provocati da militanti anarchici davanti all’ambasciata bielorussa e di nuovi arresti a Minsk dove migliaia di persone stanno marciando verso il centro al grido di “Vivi Bielorussia!”
apparso per la prima volta su Il Manifesto l’11 agosto 2020