La matassa bielorussa






DI YURII COLOMBO

L’estate del 2020 verrа ricordata per il coronavirus ma anche per la grave crisi politica in Bielorussia.

A seguito delle elezioni presidenziali del 9 agosto che hanno condotto alla rielezione per la sesta volta consecutiva dal 1994 Alexander Lukashenko, sono iniziate delle proteste in tutto in paese che hanno scosso fino alle fondamenta un regime che fino a poco tempo fa sembrava stabile. Nelle manifestazioni dei primissimi giorni in cui la protesta si era concentrata sugli evidenti brogli da cui era stata vittima la candidata unitaria delle opposizioni Svetlana Tikhanovskaya la violenza repressiva delle squadre antisommossa (Omon) è stata selvaggia: 4 morti tra i dimostranti (l’ultimo è deceduto a Brest il 19 agosto), centinaia di feriti, migliaia di arrestati (a cui sono seguite spesso torture nelle carceri). Un così tanto concentrato di violenza statale ha provocato una reazione emotiva in tutta la società che ha coinvolto persino parte dell’elettorato di Lukashenko e prodotto non solo manifestazioni ancora più estese (di cui le “catene della solidarietà” delle donne sono state le più popolari) ma perfino scioperi, fermate e assemblee nelle più grandi fabbriche del paese.

La mobilitazione operaia è particolarmente significativa perché è controcorrente all’ideologia occidentale che da decenni parla di scomparsa della classe operaia e di sua ininfluenza politica. Le dichiarazioni del presidente in cui si definivano sprezzantemente “tossicodipendenti e criminali comuni” coloro i quali manifestavano hanno provocato un surplus di indignazione e rabbia. La società bielorussa si è trovata di fronte a un inedito “dualismo di poteri” per usare la fortunata sintesi di Lev Trotsky, i cui sbocchi sono difficili da prevedere.

La presidenza Lukashenko ha avuto una lunga luna di miele con una parte significativa della società bielorussa. Batko (“Paparino” come viene ironicamente chiamato Lukashenko dai bielorussi) era asceso potere con un programma anti-privatizzazioni in anni in cui in molti paesi ex-Urss si sperimentavano sulla pelle delle classi popolari politiche neo-liberali e di distruzione del pur modesto welfare dell’epoca comunista. Ancora oggi il 70% del pil viene prodotto dal settore statale, il paese non è stato deindustrializzato, parte dello stato sociale sovietico è stato mantenuto e il tenore di vita – seppur modesto – è uno dei più alti dell’ex Urss, sicuramente il più alto tra i paesi che non hanno disponibilità di materie prime. Tutto bene? Non proprio.

Come sostiene il professore moscovita di orientamento marxista Alexander Buzgalin la societа bielorussa è da tempo entrata in fibrillazione. Il sistema paternalsitico-autoritario di Lukashenko non hai caratteri socialistici ma piuttosto capitalistico statali.

Ciò ha significato che se è vero che il posto di lavoro almeno nelle aziende pubbliche è garantito, i salari vengono subiscono delle importanti riduzioni in tempi di riduzione degli ordini o della domanda, i sindacati liberi non sono riconosciuti, chi svolge attività tradeunionistica lo fa a suo rischio e pericolo, i giovani si sentono soffocanti da un sistema che costantemente frustra le possibilità di libera espressione mentre il sistema politico rimane bloccato: anche nelle ultime elezioni 2 dei 3 candidati più in vista (uno dei quali Victor Babariko filo-russo) sono stati arrestati prima del voto e un terzo è dovuto andare in esilio a causa delle minacce costanti subite dai figli. Negli ultimi anni il “lato oscuro” del sistema è emerso ancora più evidentemente: il governo ha avviato un programma di privatizzazioni, ha aumentato l’età pensionabile, ha introdotto il lavoro a chiamata e una odiosa tassa nei confronti dei “nullafacenti”. Anche i settori della pur limitata classe media e del business privato si sentono da tempo soffocati e rivendicano maggior spazi e guardano con favore a presunti “miracoli economici” degli Stati vicini della Ue come Polonia e paesi baltici. L’economia bielorussa è stata inoltre costantemente drogata dai sussidi russi: la Federazione ha sempre venduto petrolio alla Bielorussia che poi lo rivendeva a paesi terzi, ma questa agevolazione è stata recentemente annullata.

La situazione è stata peggiorata dall’approccio “negazionionista” di Lukashenko nei confronti della crisi di covid-19: nessuna quarantena è stata imposta dal governo e il presidente ha dichiarato che il virus poteva essere curato “con vodka, attività lavorativa e vita all’aria aperta”.

La crisi in Bielorussia ha assunto inevitabilmente una rilevanza internazionale. La Bielorussia fa parte del sistema difensivo di Stati che ha a capo la Russia proprio nell’area dove è più aggressiva la Nato (a cavallo tra Polonia e Lituania). La Russia teme ora di perdere un alleato strategico – spesso bizzoso – ma pur se sempre fedele, dopo aver perso l’Ucraina mentre l’Armenia con la sua “rivoluzione di velluto” è entrata in una zona grigia, anche se comprende la necessità di superare Lukashenko la cui stagione, al di là della tenuta o meno del suo potere nelle prossime settimane, sembra essere giunta al termine. Il candidato alle presidenziali Victor Babariko, ora in prigione, era molto vicino a Gazprom che possiede il 49,8% delle azioni della sua banca. Il limite di Putin sembra essere stato quello di non averlo appoggiato fino in fondo a causa dei veti incrociati all’interno dello staff del Cremlino. D’altro canto la Ue (gli Usa sembrano disinteressati alla vicenda e concentrati sull’ultima fase della propria campagna presidenziale) in questa fase, al netto del richiami alla democrazia e dei diritti umani violati, punterebbe non tanto al controllo diretto di un paese (legami culturali e commerciali con la Russia e la possibile resistenza operaia a programmi neo-liberali, rendono questa ipotesi per ora difficile) quanto a condizionarne lo sviluppo e porre un altro cuneo a est. Ciò che è certo che il quadro europeo, da questa crisi, ne uscirà fortemente scosso e le prospettive di distensione diventeranno ancora più aleatorie.

Apparso originariamente sul sito Forum Alternativo nel  mese di agosto 2020

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